Centro Ufologico Nazionale Sezione Sicilia
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Nel febbraio scorso è scomparso Franco Brancatelli. Sin da giovane, ha dimostrato una poliedricità di interessi, che vanno dalla cultura all’arte, dalla ricerca allo sport e alla spiritualità! Datosi giovanissimo al giornalismo si specializza nel campo della divulgazione scientifica, e la sua firma è apparsa sulle migliori testate italiane e straniere, tra le quali:
“La Sicilia”, “Corriere di Sicilia”, “L’Isola”, “Espresso Sera”, “La Fiaccola di Eubea”, “L’Unione”,
“Oggi”, “Tempo Sud”, “Toto Giornale”, “Il Giornale degli Uccelli”, “Ornitophile” (in lingua spagnola),
“Questa Sicilia”, “La Gazzetta del Sud”, “Il Giornale di Brescia”, “Alto Adige”, “Realtà Illustrata”, “Uccelli”,
“Italia Ornitologica”, “Onda Verde”, “Previsioni”, “Notiziario UFO”, “Archeomisteri” con oltre duecento
Articoli.
Libero ricercatore, ha spaziato nei vari settori dello studio e della ricerca, come ’astronomia, astrofisica,
la paleoantropologia, l’antropogenesi, la genetica, la biologia, l’ornitologia, l’ufologia, l’esoterismo,
i fenomeni paranormali. Da astrofilo autodidatta ha collaborato con funzioni di astronomo con
l’Osservatorio Astrofisico di Catania, partecipando allea realizzazioni fotografie della volta stellare, per la realizzazione del “catalogo stellare” nel 1953, e durante la “campagna” di osservazione del pianeta Marte nel1954, assumendone “ufficiosamente”, per qualche mese la direzione della specola catanese, rimasta vacante per la morte del direttore prof. Eugenio De Caro, sino alla nomina del suo successore, il prof. Piero Tempesti. E’ stato il Rappresentante Regionale dell’ASA (Associazione Scienze Astronautiche) per la Sicilia, fondando successivamente il Centro Studi e Ricerche Spaziali, infine in anni recenti è stato nominato Benemerito Socio Onorario” del CUN . Di seguito un suo articolo che scrisse per UFOCTLINE.
Astrofili ed ufologi d’altri tempi!
L’arte di ….. arrangiarsi
di Franco Brancatelli
Negli anni “cinquanta”, nelle sale cinematografiche, circolava un film proprio con questo titolo. Una realtà negli anni del dopo guerra, quando ancora non era scoppiato il boom economico del decennio successivo. Oggi ci si lamenta della profonda crisi economica. I calzini, le camicie, le scarpe, sono "usa e getta", ma in quegli anni, in cui le “colombe” volavano nel cielo di San Giusto ed i “papaveri e papere” ci allietavano con la loro musichetta sbarazzina, a casa non mancava il cofanetto con ago, cotone, uovo di legno per i rammendi. I mestieri del calzolaio e del sarto avevano un vero reddito e le sigarette si compravano anche singolarmente, e le “americane” di Sigonella o made in Napoli, si trovavano solo di contrabbando. Così erano quegli anni in cui, le attempate persone di oggi, andavamo a scuola con libri ed quaderni, tenuti insieme da una cintura. Questi erano gli anni cinquanta. L’arte di arrangiarsi la faceva da padrona, anche per chi amava osservare il cielo. Non c’era altra soluzione, che il “fai da te”! Il poter comprare un telescopio “Cassegrain”, con tanto di montatura equatoriale e movimento elettronico e con le effemeridi computerizzate, per quegli anni era solo fantascienza. Arrangiarsi era l’unico sistema , se volevi osservare il cielo, a meno che non si avesse una certa disponibilità economica; e poter così ordinare ad un artigiano veneto, di nome Marcon, un telescopio newtoniano. Ieri ho aperto il mio armadio nel quale conservo i miei ricordi; cercavo un vecchio giornale da consultare, quando i miei occhi si posarono su un disco di vetro spesso due centimetri. Era lo specchio parabolico da me costruito in gioventù! Come per magia, scomparve il presente e apparve il passato. Un nodo di commozione strinse la mia gola, e presi tra le mani quel disco di vetro, con delicatezza, come fosse una reliquia. Chiusi gli occhi e intrapresi una viaggio a ritroso nel tempo, sulle ali dei ricordi e della nostalgia. L’immagine di un vecchio tavolo ed io che levigavo quel disco di vetro su un altro disco di egual misura sul quale di tanto in tanto mettevo dello smeriglio.
Potevo reputarmi fortunato, perché in quegli anni, grazie ai miei tanti "come" e "perchè", nel corso di una visita all'Osservatorio Astrofisico di Catania, entrai nelle grazie dell’allora direttore dell’Osservatorio prof.De Caro. Questi mi diede libero accesso alla struttura, dandomi la possibilità di osservare il cielo a mio piacimento. Ma io volevo uno strumento tutto mio, da utilizzare a casa e così misi in atto “l’arte di arrangiarsi” e realizzai un rudimentale cannocchiale. Utilizzai una lente da occhiali per presbiopia, biconvessa da 0,50 diottrie, per una lungezza focale di 2 metri. La fissai ad un tubo di zinco di pari lunghezza, realizzato dall’idraulico. La lente fu diaframmata con un dischetto di cartone ad un diametro di 1,50 cm per evitare le aberrazioni cromatiche. Come oculare sistemai un’altra lente da 2 diottrie, dall’altra parte del tubo, in un cilindro leggermente più piccolo e scorrevole, con una lunghezza di 50 cm. Il tutto fu montato su un treppiedi autocostruito in legno. Successivamente conobbi Aldo Turiano, e decidemmo di costruirci uno specchio parabolico.
Ci siamo detti: “Se li costruisce Marcon, perché non dobbiamo farlo anche noi?”
Seguendo le indicazioni tratte dal un libriccino di ottica, comprammo un disco di vetro spesso 2 cm e dal diametro di 15 cm e ci mettemmo all’opera. Impiegammo una quarantina e forse più di ore per levigarlo, usando smeriglio di varie gradazioni al fine di ottenere la curvatura stabilita per una lunghezza focale di 150 cm. Per gli oculari usammo le stesse lenti utilizzate nel cannocchiale e per la montatura lamiera zincata e legno. II telescopio funzionò perfettamente ed attirò la curiosità del prof. Piero Tempesti (deceduto recentemente), succeduto alla direzione dell'Osservatorio. Venne a casa mia e si compiacque del lavoro fatto. Non ci accontentammo di un 15 cm e, sempre insieme ad Aldo, realizzammo specchi di diametro più grande. Due “gemelli” da 22 cm. di diametro e 200 cm di lunghezza focale, un 27 cm, ed infine, il solo Turiano realizzò uno specchio addirittura di 40 cm. Aldo realizzava le parti ottiche ed io la montatura in legno, mentre il tubo maggiore ed i tubicini degli oculari venivano realizzati dall'amico idraulico.
Poi venne l’interesse per gli ufo. Per questi non esistevano strumenti ottici adatti, ma solo il caso che scrutando il cielo ne vedessimo transitare qualcuno. Ma il nostro gruppo non ne vide alcuno, benché le sortite sull’Etna fossero piuttosto frequenti. Non ci potevamo smentire, dovevamo costruire qualcosa, e così progettammo un ufoscopio. Di cosa si trattava? Non era altro che un rudimentale strumento segnalatore della presenza di un ufo in determinata zona. Sfruttava il magnetismo poiché era noto che questi oggetti, al loro passare in cielo facevano impazzire le bussole. Realizzammo pertanto una rudimentale bussola magnetica, dalle dimensioni leggermente superiori di un attuale cd o dvd. Nella posizione nord del quadrante avevamo messo, a distanza di un centimetro per lato, due chiodini collegati con un filo elettrico a sua volta collegato alla batteria di una lampadina tascabile. L’ago, oscillando per la presenza di un campo magnetico disturbante, creava un contatto e la faceva accendere. Portavamo questo strumento sull’Etna, ma mai la lancetta dell’ago segnalò eventuale presenze. Non ci fermammo a questo, e realizzammo anche un rudimentale sismografo per segnalare eventi sismici sussultori ed ondulatori. Costruimmo anche dei razzi funzionanti con polvere pirica da noi stessi realizzata con zolfo, clorato di potassio e carbone in polvere. Il nostro “Cape Canaveral”, che noi scherzosamente avevano chiamato “Capo Cannaluvari”, si trovava alle spalle di via Lago di Nicito, dove in quei tempi esisteva una collinetta.
Ne lanciammo tanti di razzi e di svariati modelli. Una volta ne realizzammo uno di maggiori dimensioni e sbagliammo il dosaggio degli elementi componenti il propellente, ed avvenne una esplosione. Non ci restò che darci alla fuga, per evitare l’ira degli abitanti di una vicina palazzina, nella quale i vetri tremarono come per un terremoto. Era l’età tra “il serio ed il faceto”, e noi inventori da strapazzo, non lesinavamo di applicare le nostre arrangiatissime tecnologie anche per realizzare degli scherzi. Ad Alfredo Scalia, all’epoca attempato signore, un mito dell’ ufologia siciliana, facente parte del nostro gruppo, ne combinammo una veramente grossa. Mediante un registratore a bobina, registrammo, alterando la voce, un messaggio alieno, in cui si diceva che, durante la notte, degli ufo avrebbero sorvolato Catania, in direzione dell’Etna. Per farla completa, telefonammo al giornale “La Sicilia” riferendo che sulla litoranea nei pressi di Acicastello era stato avvistato un ufo. La notizia fu regolarmente pubblicata l’indomani. Il buon Scalia, abboccò allo scherzo, ed in pieno inverno, munito di cappotto e passamontagna, macchina fotografica e con una torcia elettrica per segnalare la sua presenza all’ufo, rimase tutta la notte infreddolito a scrutare il cielo. L’indomani sera, letta la notizia sul giornale, venne a casa mia, punto di ritrovo del gruppo, livido di rabbia, perché lui era stato tutta la notte senza veder nulla e quel fortunato che transitava in macchina nei pressi di Acicastello aveva visto l’ufo! Fummo i precursori della trasmissione tv “scherzi a parte”, perché il buon Alfredo quando confessammo che era stato uno scherzo, ci rise sopra ed affettuosamente pagò a tutto il gruppo una bibita al chiosco di via Umberto. Da buoni mattacchioni organizzammo un altro scherzo ad un altro amico, appassionato di spiritismo. Realizzammo per l’occasione una falsa “seduta spiritica”, raccomandando ai partecipanti di non indossare indumenti bianchi, ma vestiti di colori scuri. Escogitammo questa regola ad hoc, perché il bianco diventa luminescente illuminato da una lampada a luce viola.
Preparammo la stanza della seduta, attrezzando il lampadario con una di queste lampadine, e prima che iniziasse la seduta, uno di noi si nascose dentro un enorme baule. Spegnemmo tutte le luci, tranne quella viola, ed ebbe inizio la messa in scena del “contatto” spiritico. Ad un determinato momento, mentre il tavolo a tre piedi “ballava” velocemente, venne fuori dal grosso baule lo “spirito”, il nostro amico avvolto in un lenzuolo bianco, che alla luce della lampadina viola, creò una certa atmosfera. L’effetto fantasma fu eccezionale, ma questa volta lo scherzo non finì bene perché quel nostro amico ci restò molto male e per parecchi mesi ci tolse anche il saluto!
Fondammo anche una associazione, il Centro Studi e Ricerche Spaziali (un nome veramente altisonante), che riuscì ad organizzare due conferenze di grosso spessore, quella del notissimo archeologo-
Quelli erano tempi, oggi al solo ricordo mi commuovo! Con Tonio e Aldo ci rivediamo spesso essendo gli unici superstiti di quella seriosa brigata di astrofili-
Ripongo in quell'angolo dell’armadio lo specchio parabolico, accanto a degli album di fumetti ingialliti dal tempo. Raccontano le avventure di “Raff pugno d’acciao” con gli uomini verdi di Marte e quelli gialli di Venere e le vicendedi “Flash Gordon” contro il perfido imperatore Ming del pianeta Mongo. Il viaggio a ritroso nel tempo, tra ricordi e nostalgie, lentamente svanisce, e con esso quei tempi spensierati, trascorsi tra telescopi, razzi, sismografi, ufoscopi, e scherzi. Tornando a questa realtà, mi ritrovo tra le mani, non uno specchio parabolico od un album di fumetti, ma ..... una “bolletta” da pagare.